Esercizio per la trasformazione creativa dei conflitti


L'esercizio ci guida in un processo semplice, in 5 tappe, che può sia rasserenarci sia aprirci alla trasformazione creativa della relazione.
Con questo link trovate un esempio reale di svolgimento di questo esercizio, qui sotto c'è invece la spiegazione che vi aiuterà ad impostare passo passo il vostro esercizio.

1. Fare un elenco di episodi sgradevoli ai quali abbiamo reagito con un atteggiamento conflittuale. Sono molto utili gli episodi in cui ci siamo sentiti aggrediti e quelli in cui siamo rimasti male, sia che abbiamo reagito con sottomissione sia con aggressione.

Non è necessario scrivere tutto con precisione, basta qualche parola chiave che ci permetta di ritornare mentalmente con velocità e precisione a ciascun episodio specifico.

E’ invece importante redigere un elenco piuttosto completo, o almeno lungo, in modo da rendere evidenti gli schemi ripetitivi delle nostre risposte.

Esempio:

a) Anna è entrata urlando nell’ufficio

b) Giovanni non mi ha richiamata anche se me lo aveva promesso

c) L’uomo mi ha superato in coda

d) X mi ha detto che avevo fatto male il lavoro solo perché non lo ha guardato bene

e) Y non ha eseguito il compito come doveva

f) Z è arrivato in ritardo anche se gli avevo detto che era importante

g) Q mi ha insultata

h) -

i)

j)

2. Per ognuno degli episodi fare emergere a cosa esattamente abbiamo reagito.

Quando siamo bloccati in atteggiamenti conflittuali non reagiamo a ciò che accade, ma ad una nostra interpretazione di ciò che accade. In questo caso la nostra reazione, automatica e veloce, ci appare l’unica possibile.

La forza di questo automatismo si fonda su due pilastri: lo stress e un’equivalenza arbitraria.

Rimaniamo chiusi nel circolo vizioso creato dall’interpretazione di ciò che accade come minaccioso e dallo stress che favorisce questo tipo di interpretazione.

Per far emergere a cosa abbiamo reagito automaticamente, dunque per fare emergere le equivalenze in base alle quali la nostra risposta ci è sembrata l’unica possibile, si può utilizzare questa struttura:

“il fatto che … (ciò che è accaduto) significa che …(ciò a cui presumibilmente ho reagito)”.

Riconoscere specificatamente quale sia l’interpretazione a cui abbiamo reagito apre uno spazio fra la nostra interpretazione e la risposta che diamo.

Questo passaggio ci serve anche a riconoscere l’emozione che tendiamo a negare agendo automaticamente, magari invocando la giustizia, le nostre ragioni e le nostre buone intenzioni.

Esempio:

  1. Il fatto che Anna sia entrata urlando in ufficio significa che non rispetta il mio ruolo (emozione: come mi avessero calpestato)
  2. Il fatto che Giovanni non mi abbia richiamato significa che non mi pensa (emozione: come fossi abbandonato)
  3. Il fatto che l’uomo mi abbia superato in coda significa che al mondo non c’è più giustizia (emozione: come se tutto fosse sbagliato)
  4. Il fatto che X abbia criticato il lavoro significa che non gli importa dei nostri obiettivi (emozione: delusione)
  5. Il fatto che Y non abbia eseguito il compito significa che non mi rispetta (emozione: rabbia)

3. Per ciascuna equivalenza ipotizzare almeno 5 alternative.

Lo scopo di questo passaggio è di aprirci ad alternative invece che incanalarci in una reazione automatica.

Non è necessario che crediamo alle ipotesi che formuliamo, ciò che conta è che le formuliamo. Se sono realistiche bene, se sono folli e umoristiche bene, e se sono depressive bene lo stesso, ma è preferibile trovare alternative che ipotizzino un’intenzione, che noi accettiamo, del nostro interlocutore.

Esempio:

  1. Anna era spaventata, Anna aveva un granchio appeso alla gonna, Anna non conosce il mio ruolo, Anna non conosce i miei obiettivi, Anna è diventata sorda
  2. Giovanni è finito in un burrone, Giovanni ha perso il numero telefonico, teme orribilmente le cornette del telefono, ha perso la voce, non vuole più vedermi
  3. L’uomo stava correndo all’ospedale con il figlio in pericolo, si sente più potente quando supera le altre automobili, odia le auto come la mia

4. Formulare tre domande per verificare ogni ipotesi.

Imparare a formulare delle domande è utile per disidentificarsi da qualsiasi interpretazione della realtà stiamo dando per scontata.

Esempio:

  1. Temi qualcosa? Hai un granchio attaccato alla gonna? Sai a cosa serve qui la mia presenza?
  2. Sei finito in un burrone? Hai perso il numero telefonico? Temi orribilmente le cornette del telefono?

E’ fondamentale che la domanda sia una vera domanda e non una domanda retorica. Ciò che distingue una vera domanda da una domanda retorica è l’apertura ad una risposta inattesa e potenzialmente spiazzante. Sappiamo fare domande genuine quando ci pregustiamo gli eventuali spiazzamenti.

5. Scegliere la domanda che si preferisce in base alla piacevolezza dell’umore che suscita, al contesto che si vuole creare insieme al nostro interlocutore o alla possibilità di condividere quel contesto.

E’ assolutamente necessario che le domande siano poste con sincera curiosità, vale a dire con un vero interesse ad ascoltare la risposta. Se manca l’interesse alla risposta, non faremmo che riconfermare sotto mentite spoglie la nostra reazione automatica.

Con questo esercizio è possibile imparare a:

· darsi tempo, risorsa necessaria per permettersi di cercare alternative di comportamento agli automatismi

· riconoscere i propri automatismi reattivi

· riconoscersi responsabili, invece che vittime, delle proprie emozioni

· accorgersi delle proprie emozioni invece che impersonarle

· abbandonare la gabbia dell’aver ragione e la fiducia cieca nelle proprie intenzioni

· accorgersi che reagiamo ai significati che attribuiamo ai fatti e non ai fatti direttamente

· riconoscere i presupposti che guidano i propri comportamenti reattivi

· flessibilizzare il sistema di attribuzione dei significati ai fatti, aprendosi all’ascolto di presupposti diversi

· guadagnare una posizione percettiva di testimonianza rispetto ai propri stati d’animo e ai propri presupposti

· riconoscere schemi abituali di reazione e motivarsi a cercare risposte alternative per essere liberi

· proporre agli altri uno scambio che parte da una domanda amorevole invece che da una più o meno esplicita affermazione contrappositiva

· mettersi per scelta in una posizione spiazzata, e che dunque non teme lo spiazzamento

· ridere

Come ogni esercizio anche questo necessita della ripetizione per esprimere tutta la propria potenza, ma già dai primi momenti è possibile coglierne il valore. Sono pochi passaggi, poche attenzioni, perciò è possibile agirlo immediatamente.

Quanto più lo si sarà praticato in condizione di stress sopportabile, tanto più facile sarà applicarlo anche in situazioni altamente stressanti.





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