La retorica del controllo delle emozioni


Appunti da "Arte di ascoltare e mondi possibili"
di Marianella Sclavi

Nella nostra civiltà diamo per scontati alcuni ASSUNTI (che funzionano come profezie che si autoadempiono) SUL RAPPORTO FRA EMOZIONI E COSCIENZA:

- Le emozioni disturbano la coscienza: una persona irata, innamorata o depressa non è nelle migliori condizioni per osservare la realtà, tenderà a vedere solo certi aspetti e non altri, a equivocare in base a pregiudizi.
Per descrivere la realtà dobbiamo avere uno sguardo disinteressato, per farlo dobbiamo controllare le emozioni, se siamo coinvolti non possiamo essere distaccati.

- Le emozioni sono risposte istintive determinate dalla nostra costituzione biologica e dalla nostra personalità, sono presociali: noi non decidiamo di provare delle specifiche emozioni, si presentano alla coscienza come reazioni involontarie a degli stimoli, le proviamo e poi decidiamo di cosa si tratta, sono 'azioni di cui decliniamo la responsabilità'.

- Le emozioni sono la causa dell'azione a meno che la ragione non intervenga: la mia parte razionale deve anticipare e limitare i sentimenti irrazionali che mi indurrebbero a mettere in atto comportamenti impulsivi.

Nel loro complesso questi assunti rimandano a due principi ancora più generali costitutivi della nostra cultura:

- L'assunto di una barriera fra dentro e fuori: le emozioni anche se non servono, anzi sono pericolose, per capire il mondo, servono a capire il nostro 'dentro' (inaccessibile agli altri).

- Coscienza di sé biforcata in cui una parte deve controllare l'altra: quella da controllare è vista come un io debole ma pervasivo, mentre quella che controlla è un forte e localizzata.

L'uomo di mondo, di comando, sa sempre come comportarsi, considera lo stupore e lo spiazzamento esperienze da provinciali, l'imbarazzo non è un'occasione di conoscenza ma una sconfitta, segno di debolezza, umiliazione.
Il romanticismo capovolgeva i valori rimanendo all'interno della stessa cornice.

ALTERNATIVE AGLI ASSUNTI:

- Interpretare le proprie emozioni non come cause di azioni future ma come rivelatrici di azioni già in atto.
Non "spinto da gelosia", ma "la gelosia mi ha reso consapevole di come stavo reagendo/interpretando le circostanze".
Se il rancore verso un interlocutore non è l'impulso ad attaccarlo ma l'avvertimento che tale impulso è in atto, allora questa emozione non è nemica, ma un'alleata nella regolazione del mio comportamento.
Damasio: secondo il senso comune succede una disgrazia, ci addoloriamo e quindi piangiamo; incontrando un animale feroce ci spaventiamo e scappiamo. Questo modo di ordinare la sequenza non è corretto, non è vero che uno stato mentale è indotto dall'altro, si deve interporre la manifestazione somatica: ci sentiamo addolorati perché piangiamo, terrorizzati perché tremiamo. I cambiamenti corporali seguono immediatamente la percezione degli avvenimenti, e le emozioni sono la percezione di questi cambiamenti corporali in atto.
Il fraintendimento è dovuto al fatto che la retorica del controllo si trova a disagio con la dimensione inconscia e preferisce dimenticarla, e al fatto che stabilisce una gerarchia netta tra il linguaggio verbale veicolo di razionalità e le altre forme viste solo come sussidiarie.

- Usare le proprie emozioni non per guardare dentro di Sé, ma fuori.
Non "la paura fa fare X, convinciti che è irrazionale e sarai a posto" (crea il circolo vizioso che più tremo più ho ragione a vedere la situazione in quel modo), ma "la paura mi rende consapevole che mi sento attaccato e il modo più consono di reagire del mio corpo è tremare, -> posso ri-spettare la situazione e interpretarla in modi diversi".
Si deve spostare l'attenzione da emozioni/razionalità a comportamenti rigidi/comportamenti flessibili: il comportamento automatico del corpo va accolto e rispettato, ma non è l'unico possibile.
Imparare a osservare la circolarità delle reazioni alle reazioni per rendersi conto che non esistono degli interlocutori come entità separate e autonome dalle reciproche relazioni.

- Meno automatismo, più immaginazione.
Non "il mio vero io si manifesta nell'automatismo", ma "posso scegliere con immaginazione attraverso lo spiazzamento".
Possiamo mettere in discussione qualcosa che riguarda il 'noi' che condividiamo con il nostro interlocutore e non solo 'l'io', es: vedere chi urla e insulta non come qualcuno che ce l'ha con noi, ma come immerso in un immaginario che ci riguarda che non capiamo bene. Possimao considerare il suo sfogo come segno di debolezza e di umanità, rilassarci e pensare a quanto gli fa bene sfogarsi, metterci dalla sua parte "certo che se anche io la vedessi così reagirei come te".

Dunque le emozioni sono fondamentali per la conoscenza del mondo di cui siamo parte, sono pienamente sociali e culturali, vanno gestite secondo logiche diverse dalla razionalità, come lo spiazzamento, la moltiplicazione dei punti di vista, il riconoscimento dei paradossi. Tutte dinamiche che la retorica del controllo giudica insensate.
Non si tratta di scegliere il distacco o il coinvolgimento, ma di praticarli entrambi contemporaneamente.