I danni della scuola obbligatoria


Ecco alcuni appunti da “Descolarizzare la società” di Ivan Illich.

Sono spunti interessantissimi per andare alla caccia degli automatismi che abbiamo acquisito senza accorgercene.

Ecco i danni indotti dalla scuola obbligatoria:

• Finiamo per accettare un servizio al posto del valore: l’istruzione al posto dell’apprendimento, le cure al posto di protezione della salute, l’assistenza al posto del miglioramento della vita comunitaria, la polizia al posto della protezione e della sicurezza personale, la militarizzazione al posto della sicurezza nazionale, la carriera al posto del lavoro produttivo, il ruolo al posto della funzione, la faccia al posto del volto.

• Accettiamo miti che ci depotenziano: - curarsi da soli è segno di irresponsabilità - studiare da soli non promuove vero apprendimento - l’apprendimento è il prodotto dell’insegnamento - il comportamento acquisito sotto gli occhi di un pedagogo ha valore speciale per l’allievo ed è un vantaggio speciale per la società - ogni iniziativa comunitaria non pagata da autorità competenti è sovversione o aggressione - l’uomo sociale nasce nell’adolescenza e nella scuola - la qualità della vita dipende dalla conoscenza del segreto che a scuola ti può essere svelato nel modo giusto.

• Attraverso la scuola si carica sui giovani la responsabilità di trasformare la società ma solo una volta che siano stati formati dalla scuola, e intanto si deresponsabilizzano gli adulti.

• La scuola monopolizza l’istruzione e diventa una religione*(*come tutte le religioni anche la scuola suddivide il mondo in cose, periodi e persone che sono sacri e in altri profani) di conseguenza tutto ciò che non è scuola (lavoro, tempo libero, politica, vita comunitaria) viene svuotato di valore educativo e istruttivo o fagocitato nella scolarizzazione (come confondere la salvezza con la Chiesa).

Monopolizza l’educazione, esonerando i cittadini dal compito di essere testimoni dei valori comunitari, li depaupera della possibilità di coltivarli attraverso l’esercizio della testimonianza; addestra alla recita, alla guerra di facce-> l’educazione viene staccata dal mondo e il mondo diventa non educativo -> la scuola proteggerebbe i bambini dal mondo.

Circolo vizioso superstizioso: i fallimenti della scuola diventano prova che l’istruzione è un compito molto complesso, costoso, difficile, da specialisti, e che la scolarizzazione va estesa.

• Si identifica scuola e Stato, legittimando la discriminazione basata sul possesso o meno di titoli di studio che fa ritenere non qualificato a svolgere una determinata mansione chi non ne possegga. Il rito di iniziazione scolastica rende tutti dipendenti dalla scuola: credo di non poter fare la professione se non ho un titolo.

• La scuola confonde il processo con cui sarebbero state acquisite competenze con l’effettivo possesso di quelle competenze, insegna che l’istruzione valida è il risultato della frequenza, che il valore dell’apprendimento aumenta proporzionalmente all’input, alla quantità di nozioni immesse, e che questo valore può essere misurato e documentato da voti e diplomi.

• Svaluta tutto ciò che si impara casualmente o in maniera non dipendente da un’istruzione programmata da un’istituzione, rende ciechi all’evidenza che l’apprendimento è risultato della libera partecipazione a un ambiente significante.
La valutazione scolastica e gli esami sono strutturati per selezionare: anziché sulla capacità di pensare in modo creativo e collaborativo, si viene esaminati in base all'accettazione dei valori e dei presupposti del sistema che devono essere assunti automaticamente per rimanere invisibili e non discutibili.
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• Trasferisce la responsabilità dell’apprendimento dall’individuo all’istituzione.

Ci inizia ad un modo dove tutto è misurabile, compresa l’immaginazione e l’uomo stesso, cosicché poi ci lasciamo sfuggire quello che non è misurabile, e quel che non è misurabile diventa secondario o minaccioso.

Disimpariamo a fare quello di cui saremmo capaci, e a essere noi stessi, dando valore solo a ciò che siamo stati o che saremo.

• Una volta accettata l’idea che valori possono essere prodotti e misurati, accettiamo qualsiasi sistema di classificazione.

• La scuola scredita l’autodidatta e fa diventare sospetta ogni attività non sostenuta da titoli.

• Abitua ad aspettarsi l’istruzione e l’educazione come addestramenti a cui sottomettersi, non come processi da partecipare liberamente.

Addestra ad essere socialmente controllati attraverso le istituzioni, e non regolati attraverso la partecipazione.

• Credenza che il posto dei bambini sia a scuola: i bambini non possono “socializzare” che a scuola, bambini imparano a scuola e a loro si può insegnare solo a scuola.

Si è creata la fanciullezza: il bambino è quell’essere senza responsabilità che va sgrezzato, come un diamante, che non ha reddito proprio, ne può formarsi una propria famiglia o avere diritto a riunirsi e muoversi liberamente. Dai rapporti insegnate-allievo sono stati esclusi tutte le salvaguardie della libertà individuale: l’insegnate è custode che addestra al rituale, moralista che addestra all’ideologia, e terapeuta che cura le non conformità del bambino.

• Impariamo ad essere giudicati, curati, guidati. Impariamo a non essere responsabili, non liberi, non potenti. A avere rapporti esclusivamente asettici, programmati, mediati, controllati e valutati.

• La scuola promuove la confuzione fra lo stare insieme forzoso, in strutture totalizzanti a fare ciò che vogliono altri, e la “socializzazione”.

• Finiamo per valutarci come oggetti in funzione della conformità. Ci dimentichiamo che potremmo stare al mondo incontrando gli altri, che potremmo comunicare imparando.

• Impariamo la furbizia, e perdiamo l’astuzia e l’immaginazione. Impariamo a sentirci in colpa, non amabili e disadatti se non siamo come capiamo che gli altri si aspettano da noi.

• Finiamo per confondere fra loro etica, morale, dignità e legalità, mentre non sappiamo vedere che economia, istruzione e politica sono modi diversi di descrivere gli stessi processi.

• Impariamo ad essere prepotenti, a perpetrare la prepotenza subita, perché è la prospettiva di poter essere noi in futuro i prepotenti che ci ha spinto a sopportare di subire prepotenza (basta osservare una bimba che gioca alla maestra).

Impariamo a sentirci a nostro agio solo con chi ci riconosce il nostro potere di discriminare gli altri grazie ai nostri titoli: i laureati stanno bene con altri laureati.

• Circoli autoreferenti: la scuola è il posto dove i bambini imparano a comportarsi come ci si aspetta da loro, per poter essere accettati come bambini da adulti che si sentono accettati come insegnanti solo se i bambini si comportano come bambini. L’insegnante è ritenuto responsabile del comportamento del bambino, ma se non riesce il colpevole è il bambino e l’insegnante allora chiede più potere per domarlo. La scuola è il contesto in cui si addestra ad accettare la scuola come unico contesto possibile.

• Crescere come bambini significa essere condannati al conflitto disumano fra la coscienza di sé o il ruolo imposto dalla società che si perpetua attraverso la scuola. Al bambino si impongono scelte mostruose: tra il riconoscere le proprie percezioni e rimanere isolati o negarle per far parte di un gruppo, fra il mantenersi dignitoso o connettersi con recite per sentirsi amati/accettati, fra denunciare i paradossi passando per disadatto o ingenuo o ignorarli accettando la schizofrenia.

• La scuola ci addestra ad accettare una parodia della realtà, a scambiare per studio la sua descrizione da parte di gente che ci mantiene separati da essa.

• Nasconde, e pertanto ci permette di accettare, la discrepanza tra i principi sociali e la realtà sociale attuale, fra la cultura apocalittica delle strutture culturali e le soluzioni tecnocratiche di quelle sociali.

• Incarna la rivalità rituale, che diventa il gioco che ammaestra a incolpare dei mali del mondo chi non può o non vuole giocare.

• Fonda la crescita nella subordinazione umiliante a un maestro che a sua volta fonda la propria crescita nel futile sentimento di onnipotenza tipico dell’allievo missionario che vuole andare ad insegnare a tutti la strada della salvezza con l’arroganza pedagogica tipica di chi crede di poter manipolare gli altri per la loro salvezza.

• Fa dell’alienazione una preparazione alla vita e alla assuefazione a dipendere dalle istituzioni (benevole ed efficienti). Togliendo sostanza all’istruzione e creatività al lavoro, perdiamo l’incentivo a svilupparci in modo indipendente e acquistiamo la paura per tutto ciò che non è prevedibile attraverso la programmazione istituzionale.

• La scuola dell’obbligo ci impedisce di definire noi stessi apprendendo e contribuendo all’apprendimento degli altri.

• Nella scuola siamo artificiosamente segregati da quasi tutto ciò che ci circonda. Anche gli oggetti sono sottratti all’uso quotidiano appiccicando ad essi l’etichetta di sussidi didattici.

• La scuola trasforma la voglia di giocare in competizione, la riluttanza al ragionamento formale in segno di inferiorità.

• Lo stato di soggezione giuridica dei bambini scolari impedisce loro di mettere al servizio della comunità le loro conoscenze e la loro capacità di scoprire i fatti.

• Impariamo a fidarci di chi ha un diploma in quanto ha ricevuto la dose richiesta di trattamento didattico.

• A scuola perdiamo sia la gioia dell’indipendenza nello studio che il senso di necessità di una guida.

Impariamo a consumare titoli, e altra merce diventandone dipendenti, invece che a produrre e scambiarci beni. Le autostrade sono uno pseudoservizio pubblico: di fatto esistono per favorire il prodotto automobile. Così le scuole: sono solo apparentemente aperte a tutti, ma di fatto sono aperte solo a chi rinnova continuamente le proprie credenziali, di fatto esistono per favorire il consumo di merci.

• La scuola dell'obbligo non condiziona solo la vita degli scolari ma funge anche da sistema di controllo sociale sugli adulti che si prendono cura dei bambini: chi può muoversi, lavorare solo alcuni giorni, avere orari flessibile ecc...?
Ognuno di noi resta responsabile di ciò che è stato fatto di lui, anche se non può saper fare altro che accettare questa responsabilità e servire da monito per gli altri.

NESSUNO PUO' ESSERE SCUSATO SE NON RIESCE A LIBERARSI DELLA SCUOLA.